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Eventi nazionali

Futuro e tradizione alla prima edizione di "Grani Futuri"

22 luglio 2017

Futuro e tradizione alla prima edizione di  “Grani Futuri”

San Marco in Lamis (Fg) – Nonostante l’assenza del Ministro Maurizio Martina, invitato come ospite d’onore al convegno che ha chiuso la kermesse, “Grani Futuri” é stata comunque un successo. La tre giorni dedicata al mondo del pane, svoltasi a San Marco in Lamis dal 17 al 19 giugno, é stata importante per far conoscere un borgo del Gargano più interno, di solito escluso dalla maggior parte dei flussi turistici, e per far incontrare molti operatori di un settore, quello del mondo del pane, dove é molto difficile sconfiggere la concorrenza dei prodotti realizzati con materie prime di bassa qualità.

“Grani Futuri”, però, é stata anche un’importante occasione per consocere meglio Antonio Cera, “economista fornaio” e ideatore della manifestazione. Cera, dopo aver studiato economia a Milano, ha deciso di tornare ad occuparsi del forno di famiglia (il “San Marco”), promuovendo i suoi prodotti d’eccellenza, finita anche sulle tavole di prestigiosi alberghi e ristoranti milanesi. Dalla sua voglia di condividere questa esperienza é nato un evento aperto a panificatori, ristoratori, giornalisti e pubblico, tutti accomunati dalla volontà di proporre e consumare pane di qualità. Da questa volontà é nato il “Manifesto futurista del pane”. Si tratta di una serie di proposte per produrre un pane di elevata qualità, curando ogni dettaglio della filiera produttiva. Il manifesto, tra le altre cose, prevede l’utilizzo di varietà di grani antichi, di molini artigianali, di ingredienti biologici e, ovviamente, l’introduzione di un giusto prezzo che riconosca i maggiori costi produttivi (Cera ha parlato di circa cinque euro al chilo).

Si tratta di una proposta davvero interessante, che evidenzia la volontà di reagire al “dominio” delle multinazionali del settore, che spesso penalizzano l’agricoltura di qualità in nome della redditività ad ogni costo e del profitto facile. Non bisogna dimenticare, peró, che il grano prodotto in Italia non riuscirebbe a soddisfare il fabbisogno nazionale neanche in un regime di autarchia totale. La sfida, dunqu, dovrebbe essere indirizzata in un altro settore: importare soltanto grano di qualità certificata, imponendo regimi di etichettatura e di qualità pari a quelli imposti dall’Unione Europea (che sono i più stringenti al mondo). I grani antichi, a nostro avviso, dovrebbero essere visti come un mezzo per recuperare le tradizioni locali e come un prodotto speciale, da consumare almeno una volta a settimana, ma non di più. In caso contrario, infatti, anche questi ultimi entrerebbero a far parte del “circuito” della produzione industriale.

 Come affermato nel corso dell’evento, in ogni caso, la nicchia produttiva dei grani antichi  deve continuare a crescere sia dal punto di vista della fama (sempre più persone dovrebbero essere consapevoli della sua esistenza) sia da quello del numero dei produttori (tutti dovrebbero affiancare ai prodotti tradizionali una linea dedicata ai grani antichi). Solo facendo crescere in queste due direzioni questa nicchia si potrebbe, a nostro avviso far crescere anche la qualità media di tutti i prodotti che arrivano sulle nostre tavole. Viva i grani antichi dunquè, ma soprattutto viva i produttori che affiancano grani antichi grani “futuri” di qualità. Donato D’Auria 

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