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Azienda Agricola Agrigiò: qualità e tradizione nei Monti Dauni

22 agosto 2018

Candela (Fg) – L’agricoltura biologica, negli ultimi anni, é stata al centro di un vasto interessamento. Molti operatori del settore, dalle grandi aziende ai piccoli contadini, hanno dedicato uno spazio più o meno grande a questo tipo di pratiche agricole, così come sono stati numerosi i consumatori che hanno aumentato il loro livello di attenzione nei confronti del cibo di qualità. In alcuni casi, purtroppo, il biologico si é trasformato in una semplice “moda” da seguire, senza interessarsi davvero allo sviluppo dell’agricoltura e alle sue filiere. Non é impossbile, in ogni caso, trovare dei produttori per cui il biologico é, prima di tutto, una vera e propria scelta di vita, oltre che un modo per riavvicinarsi ai ritmi di produzione dell’antica civiltà contadina. Uno di questi, sicuramente, é Generoso Siconolfi, che a Candela (Foggia), guida l’azienda agricola AgriGiò.

Durante l’incontro con la nostra testata, Generoso (per tutti “Gio Gió) é stato un vero e proprio fiume in piena. Ogni domanda, infatti, innesca una serie di aneddoti, considerazioni e vere e proprie “lezioni” sul presente e sul futuro dell’agricoltura. In un mercato dove spesso sono le grandi aziende a dettare legge, Agrigiò rappresenta una realtà produttiva “alternativa”. 35 ettari di terreni (con una particolare attenzione al grano Senatore Cappelli) e una realtà produttiva complessiva di circa 2000 quintali (con particolare attenzione ai produttori del territorio), la metà dei quali viene destinato alla produzione di farine, mentre l’altra metà viene destinata alla trasformazione in pasta, biscotti e altre tipicità del territorio come gli scaldatelli.

Ciò che rende “Agrigiò” diversa da quasi tutte le altre aziende é proprio il suo titolare, un uomo per cui il bio é una passione e una filosofia di vita. Ogni aspetto della produzione, infatti, rimanda alla civiltà contadina, a partire da un mulino dell’Ottocento, alimentato ancora con pietre provenienti dalle cave della località francese di La Ferté (pietre utilizzate nei primi modelli di moderni mulini a pietra), fino alla selezionatrice degli Anni Cinquanta che consente di eliminare le impurità di un prodotto che si può già considerare “puro” in virtù della coltivazione biologica. Alla passione per l’agricoltura Gió Gió abbina anche la passione per la meccanica, che lo ha portato ad intervenire personalmente alla ristrutturazione delle macchine presenti in azienda.

Nel corso delle tre ore di intervista, non potevamo anche non toccare il tema della filiera del grano, che ha visto anche quest’anno penalizzati i produttori (in virtù dei ricavi assenti anche grandi aziende agricole stanno pensando addirittura di non seminare in vista della prossima stagione) e i consumatori, spesso alle prese con prodotti finiti di scarsa qualità. “Questo modello produttivo non ha più un senso”, dice Gió Gió “Nel momento in cui un produttore cerca di aumentare la quantità é costretto ad affontare dei costi aggiuntivi (concimi, diserbanti) che azzerano il profitto”. La soluzione, a suo avviso, non può prescindere da un cambio di mentalità, che deve portare i produttori a “produrre di meno e ad aumentare la qualità”, senza dimenticare la possibilità di far crescere il turismo con ospitalità di qualità e produzioni locali.

Prima di lasciarci, non poteva mancare un confronto relativo al ruolo delle istituzioni nella crescita dell’agricoltura di qualità. Al Governo Conte “Gió Gió” chiede di non “continuare a sottovalutare l’agricoltura, perché può essere un’importante chiave di sviluppo dell’economia italiana”. Quando gli chiediamo quali sono le ricette necessarie per una crescita del settore, Generoso non ha dubbi nel parlare di una decisa sburocratizzazione, soprattutto per aiutare aziende (come la stessa Agrigiò) che esportano i loro prodotti all’estero e una riforma della definizione di “imprenditore agricolo”. Secondo Gió Gió, infatti, é necessario aiutare i giovani a ritornare alla terra senza fare investimenti eccessivi, e per questo “bisogna tornare ad uno spirito simile a quello dei poderi del vecchio Ente Riforme, che erano appezzamenti grandi 6 ettari, ma che consentivano di diventare a tutti gli effetti un imprenditore agricolo”. Lasciando la sua azienda agricola, non possiamo che pensare che solo imprenditori agricoli come Gió Giò potranno salvare l’economia italiana di qualità. Donato D’Auria


I prodotti Bio di AgriGio’ di Candela

(Foto: Sebastiano Spina)

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