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Il Futuro dei Grani Antichi

31 luglio 2022

Con la festa della mietitura i semi a confronto. O meglio, i risultati a confronto.

I progetti si incrociano sulle vie dei semi recuperati.

Appassionati e studiosi in una nuova dimensione del fare agricoltura, si ritrovano a fare il conto con i loro progetti.

Lavoro e costanza per portare a casa dei risultati, per offrire una nuova possibilità a un sistema che ci porta a perdere biodiversità.

Per seminare un campo servono quantitativi importanti e solo con l’impegno e la perseveranza si riesce a ottenere un risultato. Sono grani che permettono di offrire un prodotto con caratteristiche nutrizionali diverse. Grani la cui origine si perde nel tempo.

Dopo avere ampiamente percorso sentieri per trovare informazioni sulle tradizioni delle cultivar nella zona del Licatese in provincia di Tony Rocchetta, riesce quasi a chiamar miracolo e trovarsi tra le mani un piccolo tesoro,

3 kg di piccoli chicchi di grano varietà La Chiattulidda

Dopo aver coinvolto alcuni suoi conoscenti, si organizza e prende luce il progetto.

Una strada in salita ma con una buona premessa. La sfida con sé stessi a portare avanti una passione per la rinascita di un prodotto originario

 La prima prova da superare è avere conferma sull’autenticità della semenza trovata presso: la Stazione Consorziale Sperimentale di Granicoltura per la Sicilia, che ha confermato ciò che si sperava.

Parte ufficialmente il progetto di recupero e di semina. Seme Antico. Con l’aiuto dell’anziano contadino, Tony vede aumentare quel piccolo quantitativo che si era trovato tra le mani. Ora una discreta quantità per la semina futura fa bella mostra di se.

Altre realtà si sono confrontate con il percorso di Tony, in concomitanza con il suo progetto altri ne sono nati.

Il primo tentativo di panificazione e di trasformazione in pasta trova consensi e conferma la nascita di Seme Antico

Si comincia a seminare nelle aspre terre di Licata, Sicilia.

Le terre di origine tornano a custodire e accudire i semi per il futuro

Ciò che si era disperso torna nel grembo della madre terra.

Il recupero della biodiversità questo è lo scopo principale, della forza che un seme riesce a maturare nel terreno di origine.

La forza alla resistenza, la differenza come patrimonio genetico.

Quasi contemporaneamente nel suolo di Calabria nasce un progetto che rispecchia le stesse finalità

Con L’ASSOCIAZIONE CITTADINANZA ATTIVA PELLEGRINA si crea un ente volto a tutelare e valorizzare il Borgo di Pellegrina, la storia, il patrimonio naturalistico, culturale e agroalimentare.

Pellegrina ha origine nei primi decenni del XVII secolo, quasi a voler conqludere una contesa giudiziaria fra i due rami dei Ruffo di Calabria, i duchi di Bagnara e i conti di Sinopoli e Principi di Scilla. Il matrimoni sancisce la fine della lite unendo i due casati.

Verrà celebrato il matrimonio tra don Francesco Ruffo II duca di Bagnara e Imara Ruffo figlia di don Vincenzo Ruffo, conte di Sinopoli e principe di Scilla.

Il futuro territorio che ospiterà la coppia sarà proprio il borgo di Pellegrina, territorio coltivato a gelsi, posto geograficamente fra i due grandi centri dell’epoca, Bagnara e Sinopoli, da dove provenivano Francesco e Imara.

A testimoniare la presenza dei Ruffo a Pellegrina, l’antica chiesa della Ss. Annunziata, nata come cappella gentilizia e in seguito trasformata in chiesa economale, il Quadro della Ss. Annunziata con su impresso lo stemma dei Ruffo, e il calice con l’incisione dell’arme della famiglia Ruffo e Borbone.

Si utilizza il puro grano tenero locale per il rinomato pane antico di Pellegrina. Conosciuto nella provincia di Reggio Calabria, ha superato i confini regionali e acquisito titoli qualitativi.

le antiche tecniche di lavorazione tramandate dalla tradizione panificatrice pellegrinese, e l’impiego di farine locali ricche di fibre, lievito madre, sale, acqua delle fonti pre-aspromontane; la cottura nel forno a legna, conferiscono al pane aromi e proprietà organolettiche proprie della zona di origine.

L’accurata miscela degli ingredienti e gli impasti lavorati a lungo per agglutinare al meglio la massa morbida ed elastica.

Una lunga lievitazione con le dovute cautele a preservare le giuste condizioni di umiditàcon gesti di lunga data, trasmessi come fonte di sapere, preparano le forme alla cottura lenta.

Che avviene in forni artigianali “A caduta” con fuoco diretto. La cottura avviene dopo avere preriscaldato il forno alla giusta temperatura, testata con metodi tradizionali, e il viraggio di colore dei mattoni ardenti; viene così tolta la brace e avviato il caricamento degli stessi. Il calore “incamerato” trasforma le pagnotte in pane dalla crosta croccante e dorata. Caratteristica che tipica del pane di Pellegrina.

Le principali colture agricole fino agli anni ‘60/70 del secolo scorso, erano le tre tipologie di grani teneri autoctoni: il Secrìa, il Maiorca e il grano Iermano (o Segale Calabrese).

Nelle Masserie affacciate sul Mare Nostrum alle pendici dell’Aspromonte che sovrastavano il borgo di Pellegrina. Si è potuto così riconquistare una porzione di terra per la granocultura

Si trattava di grani, le cui spighe si presentavano molto più alte rispetto a quelli odierne, con basso contenuto di glutine che conferiva al pane stesso, maggiore digeribilità e leggerezza. Sicuramente la percentuale limitata di glutine comportava una maggiore destrezza e manualità nella lavorazione del pane, doti che le massaie pellegrinesi ben conoscevano, considerato che le pagnotte una volta sfornate si caratterizzavano per la crosta croccante e il morbido interno.

La mietitura anticamente avveniva a mano, con piccole falci “Cuzzurapano” o grandi falci per lo più utilizzate dagli uomini, dette “Arpa”; solo negli ultimi anni si è svolta quella meccanica, con l’utilizzo della trebbiatrice.

A piccoli fasci, le “Gregne”, il grano mietuto veniva trasportato nelle masserie, dove i massari realizzavano i cosiddetti “Frudhi”, grandi covoni.

Da qualche anno, grazie all’azione congiunta dell’Associazione Cittadinanza Attiva Pellegrina e della Fattoria Didattica Caratozzolo, è stato possibile recuperare l’antica semente del grano Secrìa, riavviando la produzione e la prima farina a Km 0.

Il pane di Pellegrina, oltre ad essere l’elemento principe della tavola è per noi simbolo di amicizia e racconta la storia, i profumi e i sapori dei nostri territori.

Con la festa della mietitura a Pellegrina si è chiuso il raccolto. Una nuova sfida seminativa si apre.

Il vecchio/nuovo ciclo dal seme antico…

Enza Squillacioti

 

 

 

 

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