Bra – Sono passati vent’anni dalla prima edizione di Cheese, la biennale dedicati al mondo dei formaggi che si svolge a Bra. L’edizione 2017, dunque, rappresenta il modo migliore per fare il punto su quanto fatto da Slow Food nel corso degli anni, ma anche aiutare operatori del settore e semplici curiosi a capire meglio il presente del mondo dell’alimentazione, senza dimenticare uno sguardo sul futuro.
Anche in questa undicesima edizione, l’evento è cresciuto sotto molti punti di vista. Grazie al completamento dei lavori della stazione ferroviaria di Bra (all’interno della quale è stata ricavata una splendida sala eventi che ha ospitato la sala stampa) è diventato più semplice raggiungere l’evento. Rispetto al 2015, poi, gli spazi fieristici sono stati posizionati in zone nuove del centro storico, consentendo a diversi produttori di essere più visibili al pubblico, stimabile intorno alle trecentomila persone. positiva anche la scelta di dedicare un’intera sezione dell’evento agli affinatori e ai selezionatori di formaggi di tutto il mondo. In questo modo, il pubblico ha potuto conoscere da vicino il lavoro di questi professionisti, veri e propri intenditori di formaggi e non semplici venditori.
Altro cuore pulsante di Cheese sono i numerosissimi convegni, incontri e workshop che si svolgono nelle quattro giornate dell’evento (iniziato venerdì 15 settembre, terminerà lunedì 18). Sono davvero tantissimi gli argomenti trattati in questi momenti, che sono davvero il modo migliore per conoscere le realtà e le dinamiche produttive. Tra i più significativi, sicuramente quello di apertura dell’intera kermesse, dedicato al latte crudo, tema portante di questa undicesima edzione di Cheese. Secondo il fondatore di Slow Food, Carlo Petrini, difendere le realtà che utilizzano ancora il latte crudo è una vera e propria “battaglia di civiltà” che tutti saremmo chiamati a combattere per difendere la biodiversità del nostro pianeta.
Gli organizzatori hanno deciso anche di unificare il tema principale dell’edizione e gli eventi legati al Paese ospite della kermesse, creando “Raw in the Usa”, rassegna dedicata ai casari che utilizzano il latte crudo negli Stati Uniti, uno degli Stati in cui l’influenza delle grandi multinazionali alimentari è più forte. Strettamente legato a questo tema era il convegno dedicato alle certificazioni di qualità dell’Ue (Dop, Igp), viste come una grande opportunità di crescita dai Paesi più deboli, ma allo stesso tempo diventate una grande opportunitàper diverse multinazionali che, acquistando i consorzi di produttori di marchi molto famosi, possono acquisire credibilità senza produrre formaggi di qualità (in Francia è accaduto con formaggi molto celebri, come il Comté e il Roquefort).
Altro fiore all’occhiello della rassegna sono i premi per i Casari che si sono maggiormente distinti nella produzione di formaggi tipici di qualità in situazioni di particolare difficoltà. Tra i premiati ci sono due casari italiani (Luigi de Carolis di Civita di Cascia e Paola Capanna di Amatrice) che hanno continuato a lavorare nonostante il sisma che ha messo in ginocchio le loro stalle, ma anche i produttori della cooperativa Criadores di Capo Verde e Andy Watch del Wisconsin (Stati Uniti) che continuano a proporre formaggi con metodi tradizionali in zone poco vocate alla produzione casearia.
Tra gli operatori del settore non premiati, la nostra redazione ne consiglia due: tra i casari, il caseificio Di Nucci di Agnone (Isernia), che produce dal 1662 (oggi a gestire il marketing dell’azienda c’è Serena Di Nucci, rappresentante dell’undicesima generazione di questa famiglia di casari) formaggi rigorosamente con latte crudo, mentre tra i selezionatori la bottega torinese Borgiattino, che da novant’anni continua a proporre formaggi di qualità nello stesso negozio di Corso Vinzaglio, nel centro città. Donato D’Auria