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Recensioni

Parte dall’Agricoltura l’Economia della Speranza

20 aprile 2020

Torino – Dal punto di vista giuridico, in Italia la definizione di “impresa sociale” é stata istituita nel 2006, con il decreto legislativo 155. Nel nostro Paese, tuttavia, questa definizione é presente nel linguaggio comune da diversi decenni, grazie alle storie di diversi imprenditori (pensiamo al caso storico di Adriano Olivetti) che hanno cercato di dare vita ad un capitalismo “amico” dei lavoratori, sostenibile per le aziende (intese sia come comunità di uomini che come luoghi di profitto) sia per i territori su cui esse si trovano.

Nel panorama nazionale mancava, tuttavia, un saggio in grado di spiegare dal punto di vista teorico e pratico il funzionamento di un’impresa sociale. La prima opera di questo tipo é arrivata pochissimo tempo fa: si tratta di “Economia della Speranza. Percorsi per la vita indipendente” (edito da Ecra), scritto da Domenico Cravero, sacerdote torinese e parroco di Poirino (comune al confine fra le province di Torino e Asti) che nel lontano 1984 ha dato vita a “Terra Mia Onlus” una delle prime vere e proprie imprese sociali italiane, che oggi occupa 120 operatori in ambito agricolo, in 6 cascine sparse in diverse province piemontesi.

L’intento dell’autore non é quello di raccontare l’esperienza dell’impresa, ma muoversi con sguardo di studioso all’interno dell’operatività e del funzionamento della stessa impresa, che funge da vero e proprio “caso studio” in quello che é, a tutti gli effetti, un saggio sospeso fra economia in senso stretto, filosofia del lavoro e antropologia. Nei quattordici capitoli del libro il lettore si può muovere attraverso le quattro parole chiave dell’esperienza di Cravero: immaginare, inventare, conoscere e agire, declinati dal punto di vista pratico, con spiegazioni sul modello imprenditoriale che può rendere un’impresa sociale sostenibile da tutti i punti di vista: economico, umano e ambientale. In questo, Cravero segue la filosofia tracciata dall’economista bolognese Stefano Zamagni, grande studioso delle realtà del “Terzo Settore”, che vede nell’impresa sociale un modo virtuoso per superare, in modo virtuoso,  la differenza fra imprese “for profit” e “no profit”.

Ciò che colpisce della storia di questo vulcanico prete-imprenditore-contadino, é la sua scelta di “ritorno alla terra” compiuta già nel 1984 in controtendenza con i tempi. La volontà di sfruttare il proprio territorio in maniera sostenibile diventa un appello che viene lanciato a tutto il sistema produttivo riguarda la necessità di utilizzare l’agricoltura come strumento di riscatto sociale e ancora sul quale basare alcuni dei fondamenti di una società più sostenibile, non sono nei Paesi ancora poco industrializzati, ma anche nell’occidente e nell’Unione Europea. Luigi M. D’Auria

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